Ho sempre sostenuto che l’uomo ha creato dio a sua immagine ed esigenza.
La paura dell’ignoto e del confronto sociale, la consapevolezza della sua minuscola presenza in un disegno universale ha da sempre spinto l’uomo ad imporsi delle convinzioni, delle regole, a dotarsi di canali più o meno personali per un accesso privilegiato alla cosiddetta verità assoluta.
E non è un caso che tutte le religioni, più o meno esplicitamente, mirano a dare delle risposte a quesiti ai quali non è possibile dare alcuna risposta rendendo difatto le stesse inconfutabili: cosa c’è prima della nascita, perchè si nasce, cosa c’è dopo la morte.
Fermo restando il principio intoccabile della libertà di culto ho sempre sostenuto che il processo di cui sopra, nel tempo e nello spazio (secoli e costumi diversi) abbia creato n realtà soggettivamente assolute fortemente dipendenti dal fattore ambientale e culturale.
Mohamed, un bimbo nato in Egitto, in Tunisia, in Giordania o in altra nazione araba (in cui peraltro l’Islam è la religione di Stato) ha una probabilità estremamente elevata di credere ed abbracciare i valori della religione islamica.
Se lo stesso bambino invece di chiamarsi Mohamed si fosse chiamato Giuseppe e fosse nato a Roma le medesime probabilità si ribaltavano a favore della religione cattolica.
Ovviamente il concetto è estensibile ad altre nazione<->religioni.
Questo aspetto, se condiviso, dovrebbe fare riflettere sull’importanza pressochè determinante del fattore ambientale e, se preferite, sulle motivazioni sottese dalle varie catechesi.
Com’è possibile, dunque, che la verità sia unica ma tutti sostengono di detenerla in via esclusiva?
Se portassimo tale problema in matematica e mettessimo a sistema le informazioni note vedremmo che non vi è alcuna soluzione che soddisfa quanto ipotizzato: “il sistema non ammette soluzioni”.
Logica e razionalità: perchè privarsene?
One thought on “Come volevasi dimostrare: un approccio razionale all’irrazionalità dei messaggi religiosi”