Security Summit 2011: opinioni, riflessioni e tendenze #securitysummit2011

Logo Security SummitDopo il live twitting della seconda giornata del Security Summit 2011 (#SecuritySummit2011) a Roma in molti mi hanno chiesto opinioni, pareri, sensazioni e tendenze in ambito sicurezza.

Questa volta non voglio entrare nei dettagli dei contenuti della conferenza ma vorrei fornire una chiave di lettura di un po’ più alto respiro possibilmente utile a chi non ha potuto partecipare e per chi ha voglia di confrontare le opinioni.

Gli argomenti trattati, come al solito in questa maratona di due giorni che è giunta alla terza edizione capitolina, sono stati tanti e spaziano dalla privacy ai proof of concept di attacchi 0-day, dalla mobilità e dalle botnet di dispositivi mobili ai sistemi documentali il tutto chiaramente nell’ottica del mantenimento della sicurezza informativa.

Anche a seguito di confronti informali e tavole rotonde con ex-colleghi, addetti ai lavori ed i tanti amici relatori e soci clusit sono emersi alcuni fili conduttori in entrambe le giornate: governance, intelligence e commitment.

Anche se i nomi di Sony, di RSA e di Poste Italiane non sono mai stati fatti ufficialmente difatto tutti gli interventi sottolineavano aspetti riconducibili alle tre debacle del momento.

Se da una parte si sente l’esigenza di monitorare con più assiduità e proattività le nuove minacce (cybercrime, APT e Information Leakage) dall’altra sembra che non sempre ci siano dei processi di governance che raccordino e governino nella loro interezza e ramificazioni tutti i processi afferenti la sicurezza informativa in azienda.

Inoltre in molti casi, nonostante il livello d’attenzione riconosciuto come necessario, è stato evidenziato anche un periodo in controtendenza rispetto agli investimenti ed al commitment sulla sicurezza delle informazioni in azienda (cfr. Return On Security Investments, ROSI, pdf v2).

La sensazione diffusa anche “a microfoni spenti” è che siamo di fronte ad un periodo di stasi interlocutoria, di attesa che, chiaramente, non trova analogia nei ritmi di crescita ed affinamento degli attacchi da parte del cybercrime.

Questo sbilanciamento potrebbe creare un gap di contromisure tecnologiche e, soprattutto, organizzative.

Forse, dovremmo rivedere gli investimenti nel settore sicurezza concentrandoli sulla pianificazione strategica e sul governo dei processi perché puntare solamente sugli end-point trasferisce il rischio su un fornitore, su un contratto ma il rischio vero ti resta ancora all’interno, proprio a ridosso del core business dell’azienda.

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Clusit

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