L’italia che vorrei: pensieri ad alta voce in verdana 10

Contestatore, insolente, irriverente ed eccessivamente critico.

Sintesi consolidata di un carattere severo, esigente e razionale.

E la maturità ha accentuato questi aspetti ed approcci pur riconoscendo al “non prendersi troppo sul serio” il ruolo di indispensabile personale salvavita.

Non so quanto di voi si riconoscano in certe idee, auspici ed esigenze.

Personalmente vorrei un’Italia laica, sul serio e non solo sulla carta.

Una nazione in cui non ci sia l’insegnamento della religione cattolica (o di qualsiasi altra) già nella scuola materna. Anzi, vado oltre. Vorrei un’Italia in cui NON sia consentito a qualsivoglia credo religioso di entrare a fare parte di qualsiasi istituzione pubblica.

Vorrei un’Italia che investa nel suo futuro con progetti strutturali che puntino sul lavoro delle nuove generazioni, già precarie ed indebitate prima ancora di completare gli studi.

Vorrei una classe politica che sia orgogliosa di rappresentare la nazione e che non bruci la nostra bandiera nonostante i ruoli istituzionali ricoperti.

Vorrei vedere cambiamenti sociali ed investimenti avviati anche se comportassero ricadute positive oltre la fine della  legislatura che li ha varati.

Vorrei vedere una classe politica al servizio del cittadino e non delle caste eccellenti da proteggere.

Vorrei una nazione che investa sull’istruzione pubblica come strategia formativa ed equità sociale per le nuove generazioni. Vorrei pertanto non assistere a studenti o insegnanti di serie A e serie B.

Vorrei una nazione in cui gli industriali fanno gli industriali ed i politici fanno i politici.

Vorrei che i modelli veicolati alle nuove generazioni non siano quelli provenienti da tronisti, veline, escort e politica di bassa lega ma da persone che abbiano investito impegno, passione, tempo e risorse nello studio e nel lavoro.

Vorrei che esistesse la certezza della pena.

Vorrei una nazione che pianifichi preventivamente a livello internazionale il flusso migratorio e che si prenda l’onere di agevolare l’integrazione di coloro che giungono nel nostro Paese e abbia altresì la forza di contrastare la clandestinità senza compromessi più o meno velati con la malavita organizzata e con gli imprenditori.

Vorrei che le famiglie potessero contare su un tessuto sociale sereno e aperto tale da facilitare la libertà di espressione dei nostri figli e da accogliere amorevolmente eventuali omosessualità al suo interno.

Vorrei una nazione in cui le multe non siano inserite a budget preventivo.

Vorrei una nazione che investa del rifacimento delle strade piuttosto che in acquisto di autovelox e tutor.

Vorrei una nazione che renda conto pubblicamente ai suoi cittadini di come vengano spesi i soldi pubblici, capitolo per capitolo, obiettivo per obiettivo, appalto per appalto.

Vorrei un’Italia che impari dai suoi errori e dalla sua storia.

Vorrei una PA in cui i cittadini si riconoscano.

Vorrei uno Stato in cui i cittadini non riconoscano un nemico sconosciuto autorizzato a tassare i propri redditi ma un’istituzione da cui pretendere servizi ed esigere sano e fattivo coinvolgimento.

Vorrei una società civile che tenda al futuro forte del proprio passato.

Vorrei una società che rispetti gli anziani e tuteli i bambini.

Vorrei una società in cui non valga la regola del furbetto del quartierino nè la regola del più forte e dei grandi numeri.

Vorrei una società in cui non si confonda il volontariato ed il senso civico con aspetti di carattere religioso.

Vorrei che le amministrazioni locali offrissero dei punti di unione e di contatto per le vecchie e nuove generazioni come spunto di condivisione e arricchimento comune.

Vorrei che lo Stato si riprenda i propri spazi e il proprio ruolo di aggregatore sociale opportunamente ceduto al clero e alle loro strutture.

Vorrei contare su una società democratica e libera dove ognuno possa dire sempre quello che pensa ed il solo fatto di scriverlo non lo equipari ad una testata giornalistica.

Vorrei un’Italia in cui sia chiara e netta la differenza tra la neutralità dello strumento e l’utilizzo che ne viene fatto.

Vorrei affermare di vivere in un Paese in cui non esistano leggi scritte appositamente a beneficio di singoli o potenti lobby.

Vorrei un’Italia in cui sia naturale votare nominativamente il proprio rappresentante politico e che la sua stessa candidatura sia sinonimo di rettitudine morale e fedina penale immacolata.

Vorrei un’Italia che ricordi i suoi morti ed i suoi eroi e non li metta biecamente allo stesso piano dei mafiosi.

Vorrei dire che va tutto bene, poter infondere fiducia ai miei figli e prospettare loro un futuro sereno e giusto senza sentirmi in colpa per aver mentito.

8 thoughts on “L’italia che vorrei: pensieri ad alta voce in verdana 10

  1. Caro Armadillo… che dire… sei una persona inteligente e quindi sappiamo tutti e due che alcune cose non le condividiamo, pero’ a vlte, e su molte cose, gli opposti si incontrano 🙂

    Mi permetto di fare l’eco al tuo post, consideralo mezzo serio e mezzo goliardico.

    Ciao,

    A.

    Polemico, ingestibile e sostanzialmente rompicoglioni (si puo’ dire sul tuo blog ? 🙂

    Vorrei un’italia Laica, in cui tutte le religioni vengono insegnate a scuola, cosi’ come si insegna la storia (senza pretesa che chi ha vinto o perso una guerra avesse ragione o torto) e come si insegna la filosofia (senza cercare di convicere nessuno che Zenone aveva ragione e le tartarughe non camminano).

    Vorrei un’Italia che investe sulla conoscenza e sulle capacita’ dei giovani, in cui il diritto allo studio e’ diritto concreto a studiare, ma in cui nessuno ha diritto a restare parcheggiato in una scuola senza merito o impegno. Vorrei un’Italia in cui i giovani capiscano che qualsiasi societa’ ha bisogno anche di meccanici, di netturbini e di chi raccoglie i pomodori, e non possiamo continuare a pensare che “non tocca a noi”. Vorrei un’Italia in cui si capisce che credere che i nostri figli debbano essere tutti “dottori” aprendo le porte all’immigrazione non controllata per avere chi fa cio’ che noi non vogliamo piu’ fare e’ vero razzismo.

    Vorrei un’Italia orgogliosa della sua classe politica, che elegge dei rappresentanti non solo per poterne parlare male dal giorno dopo, di qualsiasi “colore siano”, un’italia in cui ogni istituzione e’ rispettata in quanto tale.

    Vorrei una nazione in cui ognuno fa la sua parte con credibilita’, e che questa credibilita’ non venisse minata dalle scelte successive. Vorrei un’Italia in cui un magistrato non puo’ mettersi a fare il politico buttando un’immediata ombra su qualsiasi cosa abbia fatto “come magistrato” fino a quel momento, in cui i comici continuano a farci ridere invece che far piangere, e in cui i politici non possono fare anche gli imprenditori.

    Vorrei un’Italia in cui le regole sono regole, in cui le leggi sono scritte da un’anarchico e fatte rispettare da un intransigente, in cui una pratica di immigrazione ‘ semplice e raginevole ma in cui nessuno entra clandestinamente, in cui i limiti di velocita’ sono alti ma nessuno deve lontanamente pensare di non rispettarli, in cui le tasse sono poche ma nessuno deve potervi sfuggire. Mai.

    Vorrei un’Italia in cui ognuno puo’ pensare cio’ che vuole ma deve sempre e comunque assumersi la responsabilita’ di quello che dice, vorrei un’Italia in cui non esista la presunzione di colpevolezza per nessuno, nemmeno per quelli che non ci stanno simpatici.

    Vorrei un’Italia in cui il segreto istruttorio e’ un segreto e sia parte del lavoro di chi fa un’istruttoria assicurare che venga garantito finche’ non c’e’ un colpevole condannato, un’Italia in cui chi questo lavoro non lo sa fare e si presta a giochi di diffamazione debba smettere di fare il magistrato.

    Vorrei un’Italia in cui il cittadino e’ sovrano davvero, in cui il voto e’ diretto a scegliere chi governa, e in cui nessuno puo’ cercare di modificare questa scelta, almeno fino alle prossime elezioni.

    Vorrei un’Italia in cui non si cerca di riscrivere la storia, un’Italia che ammette gli errori del passato invece che negarli.

    1. Certo che si può 😉 Sono sul treno e da una prima lettura mi sembra che le tue osservazioni arricchiscano e completino le mie. Appena avrò a disposizione uno schermo superiore a qualche pollice ti risponderò per punti.
      È sempre un piacere Andrea 😉

    2. Allora, nell’ordine.
      Storia delle religione = cultura, d’accordissimo.
      Investimenti sulla scuola che non diventi parcheggi di lusso ma dia spazio alla meritocrazia. D’accordo ma ultimamente i parcheggi sono spesso le scuole private ed i parcheggiati i figli di papà. Per fare una metafora la scuola pubblica ha le terze file occupati e la gestione agli abusivi.
      Concordo sull’opportunità di rivedere in senso pratico e con un pizzico di umiltà tutte le professioni specialmente quelle più faticose, manuali e di routine (che guarda caso sono quelle che vedono un crescente abbandono da parte degli italiani a favore degli immigrati).
      Sulla classe politica, colori o gagliardetti a parte, direi che siamo d’accordo: è tutta da rifare, brand new, from scratch.
      Le altre considerazioni, che mi sento di condividere in linea di principio si possono riassumere con un unico grosso male: non vi è certezza della pena. Tutto a mia avviso nasce da lì.
      Ah, dimenticavo: nella mia Italia chi molesta donne e/o bambini deve morire in carcere di vecchiaia.

  2. Io non voglio giudicare, né tantomeno condannare nessuno perché non sono nella posizione di farlo, ma, come un giovane italiano all’estero da quasi una vita, vedo l’Italia di oggi come una schiava dell’eccessivo conformismo e mancanza di iniziativa e di immaginazione della maggioranza degli italiani.

    Gli italiani conservatrici e reazionari devono accorgersi che l’Italia di oggi fa parte dell’Unione Europea…e non è più una nazione isolata oppure fuori da un mondo moderno in cui un progresso irresistibile ed irreversibile procede in senso non più circolare né verticale verso “il cielo”, ma orizzontale verso la realtà quotidiana e non quella finta dei canali televisivi di regime.

    Una cultura moderna o in transizione non deve appoggiarsi sull’ostracismo culturale né sull’ideologia differenzialista, ma anzi mostrarsi aperta a nuove idee ed ai cambiamenti che si rendono necessari.

    Jean-Paul Malfatti

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