I tempi stringono e si continua a parlare di posta elettronica certificata (PEC).
Se da una parte si vuole fornire “gratuitamente” una PEC a tutti i cittadini per consentire un dialogo con la PA per “portare la pubblica amministrazione a casa dei cittadini” dall’altra sono impattati pesantemente anche i professionisti.
Ci sono ordini che usano da anni la posta certificata (vedi ordine dei notai) altri che non hanno ben chiaro quali siano i termini di legge da rispettare (come ad esempio nel campo sanitario).
Le imprese di nuova costituzione dovrebbero essere dotate di posta certificata ma le Camere di Commercio non sempre erano/sono pronte quindi non è difficile immaginare un’adesione parziale.
Il 29 novembre scatterà l’obbligo per tutti i professionisti iscritti agli albi di comunicare ai propri ordini di appartenenza o collegi un indirizzo pec avente valore legale (leggasi erogato da società/ente iscritto nell’elenco dei gestori PEC accreditati da CNIPA).
A due settimane dalla scadenza dei termini di legge (vedi la 185/08 art. 16, comma 7) la parola d’ordine sembra essere confusione, fretta e preoccupazione.
Il fatto che la PEC sia una soluzione tutta italiana non consente confronti e studi di analoghi precedenti.
Il legislatore da parte sua sembra aver lasciato la porta aperta ad un’eventuale sorta di apertura verso nuovi standard (vedi 185/08 e il non precisato “analogo indirizzo di posta elettronica basato su tecnologie che certifichino data e ora dell’invio e della ricezione delle comunicazioni e l’integrità del contenuto delle stesse garantendo l’interoperabilità con analoghi sistemi internazionali“).
Se questo scenario non dovesse essere abbastanza complesso si aggiungono alcuni aspetti che meritano approfondimenti separati:
- il congelamento dei fondi per la banda larga che mal si concilia con questo tentativo di spinta propulsiva verso l’innovazione e con il proclama del Premier “Entro il 2012 la PA sarà digitalizzata“;
- l’entrata in vigore domenica scorsa del decreto legislativo 150 in cui viene pesantemente riscritto il testo unico per il pubblico impiego (165/2001) inserendo lo strumento pec a tutti i livelli di comunicazione e azione amministrativa in tema di accesso agli atti, trasparenza, procedimenti disciplinari, comunicazione sia per impiegati che per dirigenti
- la persona fisica che riterrà utile usare le potenzialità della PEC verosimilmente ne dovrà avere almeno due: una per le comunicazioni da e verso la PA (“gratuita”) ed una per i restanti attori (a pagamento): non mancano le perplessità;
- la persona fisica, al momento, deve dichiarare la propria disponibilità ad usare la PEC: una volta attivata la casella “gratuita” (CEC-PAC, Simil-PEC o wannabe-PEC che dir si voglia) viene creato una sorta di domicilio virtuale con effetti giuridici decisamente reali. Cautela quindi perchè una PEC attivata e non presidiata regolarmente rischia di diventare una potenziale fonte di problemi in quanto gli atti ad essa indirizzati potrebbero produrre effetti giuridici a prescindere dalla loro effettiva lettura;
- la scarsa consapevolezza del mezzo e il suo potenziale valore svilito quando solo una delle controparti utilizza un sistema di posta certificata;
- l’integrazione auspicabile con un kit di firma digitale per ricevere la cosiddetta “ricevuta completa” da parte dei gestori del servizio PEC;
- varie ed eventuali, a iosa…
Difficile in questo contesto e con queste premesse non ipotizzare l’italianissima proroga o deroga o una semplice circolare esplicativa che specificherà che i termini di legge indicati sono da intendersi ordinatori e non perentori.
Forse, in questo scenario, diventa quasi auspicabile insieme a tanta chiarezza in più.
Mi pare tu abbia inquadrato l’attuale (oscuro) scenario in maniera lucida e completa. Senza una strategia uniforme – ed aggiungerei, europea – credo non si vada da nessuna parte.
Ci sono altri aspetti importanti come ad esempio i fermenti nel mercato e le offerte di PEC che stanno spuntando come funghi senza che vi sia da parte dell’utente la consapevolezza dell’offerta e delle potenzialità del mezzo.
Ci sono molti aspetti oscuri sull’argomento e il tuo post è uno dei più equilibrati in merito. Difficile avere certezza su questi argomenti, vista anche la mancanza di giusrisprudenza in merito. Io, ad esempio, sono convinto che non servano due indirizzi, ma ne dovrebbe bastare uno che sia PEC e non CEC-PAC. Infatti sarebbe assurdo se le PA, dopo tutti gli sforzi fatti per dotarsi di una PEC, se la vedessero trasformata in una cosa ridotta che può ricevere messaggi certificati solo da alcune tipologie di indirizzi certificati e non altri. Per cui una PEC, con cui parlare con tutte le altre PEC. Proprio per il concetto di domicilio virtuale che hai accennato tu, io consiglio vivamente di lasciar perdere la CEC-PAC che, anche se gratuita, porta con sè più criticità che vantaggi (visto anche che una PEC costa 6 euro).
Sono d’accordo che la parola d’ordine al momento sia cautela. In questo momento è preferibile attendere prima di infilarsi in potenziali beghe. E’ ovvio che non ha senso avere più di un indirizzo di posta certificata ma al momento il rischio c’è. Poi, per il discroso del costo, ho volutamente usato la parola gratuita tra virgolette. Ad intenditor poche parole…
Ti segnalo questo link, mi è sembrato interessante la parte dell’articolo di tal Massimo Penco (/lo conosci, o conosci la sua associazione?), in particolare il punto conclusivo.
Che ne pensi?
http://www.techblogs.it/office/2009/11/la-pec-per-i-dottori-commercia.html
Credo che la parte più interessante del post che che tu segnali sia quella scritta dal dottore commercialista: condivido infatti pienamente le sue perplessità. L’allarmismo in calce, invece, mi sembra inopportuno, fuorviante e controproducente oltre che non supportato da fatti tecnici reali. Sono sempre più convinto che il vero problema sia la “awareness”: occorrerà lavorare molto sulla consapevolezza dello strumento specialmente sui nuovi utilizzatori.
Tirando un pò le somme di quelli che sono i numeri della PEC: nel 2009 la registrazioni di domini di posta certificata è cresciuta del 216%, toccando quota 70 mila, per un totale di oltre un milione e 350 mila caselle complessive (+350%). Anche il numero di messaggi scambiati è cresciuto di più del 40%.
L’incremento di scambio di messaggi di posta elettronica certificata è aumentato in maniera molto minore rispetto alla crescita delle caselle di pec, dipende forse dalla poca informazione che l’utente ha in merito a questa tipologia di posta elettronica?
Secondo me dipende anche dal fattore cogente. Mi doto per legge ma non la uso. Inoltre la CEC-PAC è un citofono, non un telefono quindi i conti sembrano tornare